3 miti del mondo vespistico.

3 miti del mondo vespistico.

domenica 22 gennaio 2023

I miti del passato, su Lambretta e Vespa

 

Pensando agli scooter e ai grandi protagonisti italiani che hanno fatto mitici viaggi, il mio pensiero volge al passato e metto in second’ordine l’epoca attuale. Oggi, è inutile girarci attorno, si viaggia più agevolati rispetto a decenni fa cominciando dai miglioramenti stradali delle vie maestre. C’è internet, le foto si fanno con facilità e sono visibili subito – in diretta – in ogni parte del mondo. Tutte cose che una volta erano del tutto inimmaginabili. Perciò, anziché pensare al tempo presente, è meglio ricordare i pionieri del passato.

 

Non me ne vogliano male i vespisti, ma i più grandi veterani sono stati dei lambrettisti. Il più grande italiano di tutti è il mitico Cesare Battaglini, e merita qualche descrizione… perché è doveroso. Da Bologna, nel giugno del 1954, partì verso l’esotica Ceylon con la sua inseparabile Lambretta D 150. Un incredibile viaggio che ha visto protagonista il più grande globe-trotter lambrettista di tutti i tempi, che nel 1957, non pago di quel raid, partì per un giro del mondo che sarebbe finito solo due anni dopo, percorrendo in Lambretta ben 156.000 chilometri, entrando con merito nel Guinness dei Primati.

Battaglini pubblicò “Ceylon, India, Oriente misterioso ed Africa esplorati col mio scooter”. Il libro è poi stato ristampato dalle Edizioni Cobra di Verona, e oggi è pressoché introvabile. Le poche copie rimaste sono disponibili prendendo contatto con Guglielmo Guidi LCER.

La Innocenti, a scopo pubblicitario, gli aveva fornito due Lambrette 150 D (una per sé e una per una compagna di viaggio), modificate per l’occasione con portapacchi e serbatoio maggiorato. La durata del viaggio era dovuta al carattere dell’impresa di certo diversa dalle precedenti; infatti, il nostro esploratore non fece un mero periplo ma proprio un’esplorazione dei continenti: dalla Terra del Fuoco al Canada, dal Sudafrica al Mediterraneo, eccetera. Il Museo della Scienza tuttora conserva uno dei due esemplari che accompagnarono Cesare Battaglini nell’impresa.

 

Dopo Battaglini merita di essere nominato Albino Capretta che, anche lui con lo stesso modello Lambretta D 150, dal 18 luglio all’11 dicembre 1955 (147 giorni) fece un lungo viaggio verso l’India: 34.000 chilometri complessivi. Di questa avventura nel 1988 Capretta pubblicò “In India con la mia Lambretta”, che poi, nel 2007, tramite Grafiche Antiga che opera a Crocetta del Montello (in provincia di Treviso) è stata fatta una ristampa… e perciò è reperibile.

 

Non si può evitare d’inserire anche Giorgio Amoretti, che nacque il 10 settembre del 1932 a Venezia. A diciotto anni con una Lambretta partì per un giro d’Europa, arrivando al Circolo Polare Artico. Poi fu la volta dell’Africa, che percorse per migliaia di chilometri fino a Capo di Buona Speranza. Una volta giunto all’estremo sud del continente nero, risalì nell’entroterra, passando dal deserto di Nubia. Da solo, senza supporto di alcun tipo, in un’epoca priva di alcuna delle sicurezze che noi oggi diamo per scontate.

Nel 1958, a ventisei anni, con la sua Lambretta giunse in Alaska. Arrivò a San Francisco, dove fu accolto come uno di famiglia dagli oltre centocinquantamila immigrati italiani. Arrivò in Messico superando i 50.000 chilometri percorsi, sempre con la sua Lambretta; risalì il continente americano stavolta puntando sulla East Coast. Giunse a New York e da lì s’imbarcò per tornare in Italia. Nel 1960, per Euro Alfa, pubblicò “Polvere di continenti” (un libro pregiato).

Dopodiché abbandonò lo scooter e fece altre grandi imprese, come la traversata del Sahara in paracadute nel 1969 (a trentasette anni), fino a che un tumore all’intestino gli fermò la vita… il 28 maggio 1999. Amoretti amava dire: L’uomo è libero solo se sceglie di esserlo

 

Infine c’è il fotoreporter Piergiorgio Sclarandis (nato nel 1939 e consumato dall’alzheimer che l’ha ucciso nel 2016, dopo un quindicennio di sofferenza), che con una Lambretta 150 partì da Torino e nel 1963 giunse a Kathmandu. Stette via un anno, coprendo 25.000 chilometri.


Chiudo il sipario sulla Lambretta con questi quattro inimitabili miti, e ne apro un altro: negli anni successivi ha avuto inizio lo spettacolo dei vespisti. E chi fu il primo italiano della lunga lista, sui viaggi extra europei? Facile la risposta.

Roberto Patrignani fece qualcosa di simile, con una Vespa, al seguito dei quattro grandi lambrettisti citati. Nel 1964, infatti, Patrignani andò a Tokyo in occasione della 18ª Olimpiade: si travestì da tedoforo motorizzato per portare un trofeo donato dal Vespa Club d’Europa fino nel Giappone. Roberto Patrignani, a cavallo di una Vespa 150 partì da Milano e macinò 13.000 chilometri in 85 giorni, per arrivare a Tokyo e stringere la mano al signor Daygoro Yasukawa, Presidente dell’allora Comitato Olimpico giapponese, indi consegnargli il trofeo in segno di buon auspicio e amicizia tra il popolo italiano e quello giapponese. Fu un viaggio difficile, non privo d’inconvenienti; ma l’ardire di Patrignani fu grande, tanto da diventare per parecchi vespisti un punto di riferimento e un esempio da seguire negli anni a venire.

Roberto Patrignani partì per Tokyo in quel sabato 11 luglio del 1964 davanti alla vecchia sede del Vespa Club d’Italia sita in via Trebazio 5, che fa angolo con la sede Piaggio le cui vetrine s’affacciano su Corso Sempione 43. Sopra quel grande negozio spicca la Torre Vespa, alta 82 metri e costruita tra il 1955 e il 1959, tuttora conosciuta con l’antico nome. Era stata commissionata dalla società Piaggio per farne la propria vetrina espositiva all’alba del boom economico lungo una delle vie di maggior visibilità a Milano.

La Piaggio, però, lì non c’è più: al suo posto, dal 2 aprile 2014, c’è stato Almaverde bio marketche poi è stato a sua volta sostituito nell’ottobre 2018 da Dorelan (con i suoi materassi).

Roberto Patrignani ha scritto diversi libri, ancorati anche alla sua esperienza di ex pilota motociclistico, ma di questi voglio ricordarne soprattutto quattro: “In Vespa da Milano a Tokyo” (Edisport – 1965), “Il raid motociclistico – come organizzarlo e svolgerlo” (Motopress – 1976), “Ti porterò a Bray Hill” (Giorgio Nada Editore – 1989) e “Pane e chilometri” (Pitierre – 2004).

Patrignani era un pilota motociclistico, un grande esperto in materia: un professionista, per farla breve.

 

Dopo Patrignani fu Giorgio Càeran a fare un viaggio extra-europeo. Nel luglio 1976, come preparazione al viaggio in India, giunse a Capo Nord con l’identica “Vespa 200 Rally” che utilizzerà l’anno successivo. Càeran era instancabile: la sua prima tappa è stata di 924 chilometri (giungendo a 63 km da Fulda, in Germania), e il 2° giorno era già in Svezia (13 km dopo lo sbarco a Helsingborg del traghetto, per un percorso sul suolo stradale di 857 km). Il 3° giorno era arrivato a Stoccolma.

Il suo viaggio più importante fu quello fatto in Vespa verso l’Asia, iniziato il 21 agosto 1977 e finito il 20 luglio 1978: 23.084 chilometri coperti in 334 giorni, alla volta di Kathmandu, Calcutta e Bombay.

Càeran era un dilettante (seppur competente), un appassionato sognatore che per la sistemazione dei bagagli sulla sua Vespa si era ispirato proprio a Patrignani (che oltretutto ha anche conosciuto personalmente un po’ di volte). C’è una differenza, però: la sistemazione della Vespa di Patrignani è stata fatta a livello industriale, dalla stessa Piaggio; Càeran, invece, si è affidato unicamente all’artigianato amatoriale con le sue lacune (come i non perfetti portapacchi posteriore e il serbatoio ausiliare).

Giorgio Càeran ha pubblicato sei libri, di cui è bene ricordarne tre: La via delle Indie in Vespa” (Edizioni Càeran – 1983), “Giramondo libero - In viaggio con la Vespa o con lo zaino” (Giorgio Nada Editore – 2006) e soprattutto la 2ª edizione  di “Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto” (Youcanprint – 2023).

 

Eccoci quindi a Giorgio Bettinelli di Crema: è morto a Jinghong, in Cina, 16 settembre 2008, all’età di 53 anni per un malore improvviso. Lì viveva da quattro anni, sulle rive del Mekong, con la moglie Ya Pei. Il primo dei viaggi che l’hanno reso famoso parte nel 1992 da Mentana (dov’era residente), in provincia di Roma, con destinazione Saigon, dove arriverà sette mesi dopo – marzo 1993 – percorrendo 24.000 chilometri. La partenza di questo viaggio è stata nel 1992, ossia 14 anni dopo la conclusione del viaggio di Càeran. Non so, quindi, se definire Bettinelli un pioniere… resta comunque il fatto che lui è diventato il più grande di tutti perché è stato quello che più si è scatenato, facendo lunghissimi viaggi (sovvenzionati dalla Piaggio, tranne il primo). Perciò Bettinelli è un modello al quale i giovani più s’ispirano, perché lo trovano più vicino a loro: più tecnologico, più moderno, più presente sulla scena, più bravo nelle pubbliche relazioni, più immediato nel raccontare in diretta e programmare le sue tappe.

Il secondo viaggio parte da Anchorage per arrivare alla Terra del Fuoco e dura dal 1994 al 1995, lungo un percorso di 36.000 chilometri. A partire da questo viaggio riceve pieno supporto logistico ed economico dalla Piaggio, per la quale scrive le proprie esperienze sul periodico aziendale.

Il terzo unisce Melbourne a Città del Capo, per un totale di 52.000 chilometri percorsi in un anno esatto, fra il settembre 1995 e il settembre 1996.

Il quarto, chiamato Worldwide Odyssey, è un vero e proprio giro del mondo, dura più di tre anni, dall’ottobre del 1997 al maggio del 2001 con partenza dalla Terra del Fuoco e arrivo in Tasmania. Copre 144.000 chilometri passando per l’Alaska, la Siberia, entrando in Africa attraverso lo stretto di Gibilterra, e costeggiandola tutta fino a Gibuti passando un’altra volta per Città del Capo, per poi costeggiare tutta l’Asia meridionale dallo Yemen all’Indonesia, fino all’arrivo nell’ultimo continente, l’Australia, e alla destinazione finale, la Tasmania. Durante quest’ultimo viaggio Giorgio Bettinelli è stato rapito da un gruppo di guerriglieri in Congo, per poi essere rilasciato dopo poco tempo, derubato di tutto ma con la vita salva.

Di tutto ciò ha scritto diversi libri, trovabili ovunque.

Dei tre, Bettinelli è stato senza dubbio il più tecnologico ma anche il meno meccanico. Mentre Patrignani se la cavava egregiamente con gli interventi sulle parti meccaniche della Vespa, Càeran non sfigurava e invece per Bettinelli niente da fare. Del resto lo stesso Bettinelli aveva sempre ammesso di non capirci niente di meccanica (l’ha scritto anche in un suo libro). A volte, non essendo capace di cambiare un cavo delle marce, della frizione o del gas… aspettava giorni e giorni affinché qualcun altro badasse a risolvere il problema.

In definitiva faccio un tributo a tre grandi personaggi, che ogni vero vespista dovrebbe tenere bene in considerazione. D’altronde si dice che in questo mondo tutti i Grandi hanno avuto una Vespa: i migliori, però, non si sono limitati a fare semplici raduni vespistici... ma, da soli, hanno fatto Avventurosi e Lunghi Viaggi. Come, appunto, i mitici Roberto Patrignani (compianto), Giorgio Bettinelli (anche lui compianto) e Giorgio Càeran. I loro libri ormai sono dei cimeli, delle cose preziose che ogni vespista-viaggiatore ha nella propria libreria.

 

Parlando dei miti del passato, si possono citare anche Gianfranco Cipollini e Paolo Rastrelli (uno fiorentino e l’altro pistoiese), che nel 1961 fecero un viaggio su due Vespe e giunsero a Capo Nord, tornando poi per l’Inghilterra. Arrivarono a casa dopo più di due mesi di viaggio. È vero, andrebbero inseriti pure loro, solo che questi due simpatici amici non uscirono dall’Europa e quindi non conobbero le traversie asiatiche o africane… che è tutt’altra cosa.

Oltre a loro c’è un altro personaggio da inserire: il genovese Andrea Costa, nato nel 1957. Lui nel 1976 fece un viaggio negli Stati Uniti d’America, da New York a San Francisco, con una Vespa 200 Rally messa a sua disposizione, lì sul posto, addirittura dalla Piaggio che la modificò per gli USA: invidiabile! È vero, Costa pure lui è un grande… seppure le strade degli Stati Uniti d’America siano diverse da quelle asiatiche o africane, soprattutto in quegli anni. Il suo viaggio è stato di 5.509 chilometri, quasi come andare da Gibilterra a Capo Nord (entrambi i casi per solo andata, come d’altronde ha fatto Costa). In ogni modo, oltre a Patrignani Bettinelli e Càeran, ho tutto il massimo rispetto sia per Costa sia Cipollini e Rastrelli. A tutti loro va il mio tributo.

Sui vespisti moderni invece non mi pronuncio perché adesso è cambiato tantissimo il modo di viaggiare, tanto che non ha più niente a che fare con gli anni Sessanta e Settanta dell’altro secolo. Oggi la tecnologia impera e condiziona assai come muoversi… mentre allora era del tutto diverso. Eppure ci sarebbero importanti vespisti moderni da citare, che alcuni di loro tra l’altro conosco di persona. Senza fare torto a nessuno penso che merita un posto in primissimo piano Ilario Lavarra, che dal 16 settembre 2017 sta facendo il giro del mondo in Vespa, rallentato però dal Covid 19 che l’ha bloccato per quindici mesi (abbastanza statici) tra Iran e Turchia; poi si è messo a girare qua e là, e quindi il ritorno è un’incognita. Le cose belle richiedono tempo.

Anche se, lo ribadisco, il mio sguardo volge soprattutto al passato: siate comprensivi, io sono un romanticone. Sia chiaro che questa non è – e non deve essere – una gara, ma va impostato come un simpatico raggruppamento tra persone che hanno avuto parecchi gusti in comune. C’è una coincidenza curiosa: il compleanno di Giorgio Bettinelli è il 15 maggio, e della metà di quel mese ci sono pure Ilario Lavarra che lo festeggia il 13, mentre Giorgio Càeran il 18. Pur essendo di età diverse, loro tre vespisti-viaggiatori sono racchiusi in cinque giorni dello stesso mese di maggio. Buon segno non mente? Patrignani e Càeran sono persone di un’epoca lontana e non più replicabile, affascinate dai viaggi duri e crudi, quelli non alterati dalla tecnologia moderna. Ed io? Detto in breve, anche a me non piacciono le scorciatoie e non amo il vincere facile, bensì ogni traguardo preferisco sudarmelo: c’è più soddisfazione. È un po’ come un fotografo che per fare delle belle foto riprende delle modelle super sexy: in quel caso anche un principiante riuscirebbe a fare delle ottime foto. La bravura di un fotografo non è scattare foto a ragazze bellissime, per fare ciò sono capaci in tanti. No; la bravura di un fotografo è cogliere l’attimo, riprendere l’anima di una storia, di una casa, di una scena, l’espressione di un volto… prima che evapori. Ecco, questo allegorismo vale anche per l’evoluzione dei viaggi vespistici: c’è un nesso tra le due cose.

 

Se Patrignani è stato l’antesignano italiano dei viaggiatori in Vespa extra europei, i precursori sono stati l’inglese Warral che andò da Londra all’Australia e ritorno, poi l’australiano Geoff Deanche fece in Vespa il giro del mondo. Oppure il viaggio iniziato nel settembre 1952 e completato quasi quattro anni dopo dai due tedeschi Diether Ebeler e la contessa Dagmar Von Bernstorff, che su una Vespa (sempre 125, ma stavolta costruita in Germania e dotata di un carrello fissato al seguito), compirono quasi l’intero giro del mondo.

Inoltre bisogna citare Elizabeth ed Erik Thrane (fratello e sorella), che nell’estate del 1954 andarono in Vespa a Bombay coprendo ventisettemila chilometri in nove mesi.

E non possono mancare lo statunitense Rohn Engh e il giornalista tedesco Rudolf Thurau che, su una Vespa 150 GS, nel 1957 partirono da Rotterdam per il nord Europa e il centro-nord africano, concludendo il viaggio a New York dopo aver percorso 27.000 chilometri.

Nell’elenco vanno inclusi anche due studenti universitari spagnoli, Antonio Veciana e Santiago Guillem, che il 25 luglio del 1962 partirono da Madrid per un giro del mondo in Vespa 150 S (di produzione spagnola) da fare in settantanove giorni. I due studenti decisero di chiamare Dulcinea la loro Vespa, in onore della protagonista in “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel de Cervantes. Prima di partire andarono a Cadaques, dove il pittore Salvador Dalì volle decorare in modo bizzarro la carrozzeria della Vespa, apponendovi la sua firma e il nome della compagna e musa ispiratrice Gala… diventando così lo scooter più prezioso del mondo. È stato un viaggio – mi sia concesso il neologismo – sponsorizzato e programmato in maniera assai certosina.

 

* N.B.: Questo resoconto è stato preso, seppure parzialmente, dal libro “Mezzo secolo rincorrendo il mondo - Nei viaggi la Vespa fu il primo amore… poi venne il resto” (https://caeran-libro-da552pagine.blogspot.com/). Ed è ben visibile nel Blog Viaggi, libri e curiosità” (https://giorgiocaeran.blogspot.com/).

martedì 31 maggio 2016


Roberto Patrignani, Giorgio Bettinelli, Giorgio Càeran
Dedicato a 3 icone, a 3 ispiratori di tutti i viaggi italiani in Vespa che sono venuti anni dopo. Siete d'accordo a considerare questi tre, come i miti del mondo vespistico nostrano?

lunedì 30 maggio 2016


Il 29 maggio 2016, esattamente una settimana dopo la creazione di questo Blog, con il titolo omonimo ho aperto anche un Gruppo su Facebook. Ero indeciso se puntare su una Pagina di Facebook, oppure su un Gruppo. E alla fine ho preferito il Gruppo, però voglio mettere in chiaro una cosa: seppur è auspicabile avere il maggior numero degli iscritti al Gruppo, ecco io non gradisco le iscrizioni in massa di gente a loro insaputa. Di solito preferisco le Pagine ai Gruppi, proprio perché nei gruppi a volte capita di trovarsi iscritti senza saperlo, mentre nelle Pagine non è possibile. Nelle pagine per diventarne fan dev’essere la persona interessata a cliccare “mi piace” e nessun altro. Ciò è una grande differenza. Detto ciò, la mia aspirazione è fare un Gruppo… ma con lo spirito di una Pagina: insomma, gli iscritti è bene che siano convinti sé stessi e non messi dentro contro la loro volontà. Tuttal più ci può essere un invito… ma il passo finale (l’iscrizione al Gruppo) spetta solo all’invitato. Già che ci siamo vi chiedo una cosa: c’è qualcuno che vuole essere nominato Amministratore del Gruppo? Sarà bene accetto. Anche perché io non ho intenzione di rimanerci a lungo su Facebook: prima o poi ne uscirò, ma sarebbe bello che qualcuno continui al posto mio. Sarà possibile? Cè chi mi sostituisce? Lo spero.
Comunque in questo Gruppo, partendo da tre icone del mondo vespistico nostrano, si possono affrontare una miriade di argomenti che hanno come punto di riferimento i viaggi fatti in Vespa. Magari raccontandoli lì, compresi i vostri. Ecco il link del mio unico (e tale rimarrà) Gruppo su Facebook:
https://www.facebook.com/groups/2048957288661808

domenica 22 maggio 2016


Dedico questo Blog a tre grandi vespisti, tre ispiratori di tutti i viaggi fatti con la Vespa che sono venuti anni dopo: Roberto Patrignani, Giorgio BettinelliGiorgio Càeran. Per evitare equivoci, metto in chiaro che il Blog non vuole essere del tipo “i migliori libri di viaggi in Vespa, o i migliori vespisti”, perché non mi entusiasmano le classifiche. Bensì, io intendo tutto questo come una raccolta che riguarda esclusivamente ciò che hanno fatto tre stimati personaggi.

Le foto qui raccolte sono quasi tutte scaricate da internet. Sono graditi eventuali suggerimenti per migliorare il Blog. Vorrei coinvolgervi con un piccolo test, con una domanda: «Secondo voi, è vero che questi tre personaggi possono essere considerati dei pionieri, quindi dei miti del mondo vespistico italiano?» Io penso di , e voi?

Un abbraccio ai vespisti-vacanzieri,

Nanni Bertoli

* N.B.: il link di questo Blog è  https://3iconevespistiche.blogspot.com/